Putear

Putear ossia insultare. Quanto è difficile in una lingua che non è la propria! Parole che possono essere utilizzate gergalmente in un contesto e risultare terribilmente insultanti in un altro, insulti leggeri e insulti pesanti, senza contare il tono della voce e i gesti di accompagnamento che possono peggiorare ulteriormente le cose. Ma è bene farsi trovare preparati nel caso dobbiate difendervi, sempre tenendo presente che, in quanto stranieri, potreste sembrare ridicoli e non venire presi sul serio o essere considerati nel torto a prescindere perché non siete “a casa vostra”.

Gli insulti argentini sono per lo più riferiti all’ambito familiare e ai genitali. Sono cattolici, ma non ossessionati da santi, madonne e dèi vari come gli italiani.

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La puta madre

Intuitivo, la gran buonadonna di tua madre. Per brevità lo paragono anche al nostro “buonadonna la madonna” (scusate, ma non voglio attirare gente che googla insulti random sul sito). Si usa anche come imprecazione, ad esempio se vi si rompe qualcosa, se vi fate male, o anche come il nostro “porca miseria!” (e varianti meno fini) quando siamo frustrati da una situazione, tipo quando state parlando/litigando con qualcuno.

Esempio: vi vedete con vostro fratello perché deve darvi qualcosa. Quando arriva (magari in ritardo), vi dice che si è dimenticato di portarla.  Allora sbottate: “¡Pero la puta madre! ¡Te dije que lo necesitaba!“. Come vedete si usa anche se condividete la madre con il vostro interlocutore.

La re-puta que te parió

Abbreviazione di la recontra puta que te parió, si traduce con la gran buonadonna che t’ha messo al mondo, ossia, in italiano corrente figlio di una gran buonadonna.

Si usa rivolto verso un’altra persona o come imprecazione. Spesso lo vedrete scritto in forma di acronimo: ¡LRPMQTP!

La concha de la lora

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Letteralmente: “la conchiglia della pappagallina”. La parola concha indica volgarmente l’organo sessuale femminile e la lora era un termine in passato usato per indicare le prostitute (probabilmente perché parlavano per attirare i clienti).  Non pervenuta la spiegazione del nome Conchita in spagnolo. 

Si usa come imprecazione quando vi capita qualche sfiga, ad esempio se perdete il treno. Esiste anche nella versione la concha de tu hermana e la concha de tu madre.

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Boludo

Tutti i turisti che girano per l’Argentina finiranno col chiedersi: ma chi è ‘sto boludo di cui si sente tanto parlare? Il boludo è un tonto ma è una parola molto più volgare di tonto. Un pirla, insomma. Come il nostro pirla, se lo dici a un amico denota confidenza e non è offensivo, ma se lo dici a uno sconosciuto in mezzo al traffico potrebbe scendere e pestarvi. “¡Dale, boludo!” è la frase che usano gli automobilisti argentini quando sono frustrati al volante, ossia: “Datti una mossa, pirla!”.

Molto usato anche nella frase ¡No te hagas el boludo!, ossia non fare lo gnorri.

Da boludo deriva anche la parola boludeces, cioè le cazzate, e il verbo boludear, cazzeggiare / dire cazzate.

“Di cosa parlate?¡Boludeces!”  “Cosa stai facendo?¡Boludeando!

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Pelotudo

Il pelotudo è la versione argentina dello stronzo. È una parola molto più volgare di boludo ed è esclusivamente un insulto. Pelotudo, come boludo, deriva dal mondo dei gauchos, per la precisione all’epoca della guerra d’indipendenza dalla Spagna. I gauchos, trovatisi ad affrontare un esercito di primo livello come quello spagnolo, erano armati solo di pietre tonde (pelotas) usate in specie di catapulte e di boleadoras, pietre avvolte nel cuoio e legate a una corda, lanciate nella caccia per legare le zampe degli animali facendoli cadere al suolo.

Si erano organizzati su tre file: i pelotudos con le pietre al fronte, i lanceros con le spade e lance in mezzo, e infine i boludos con le boleadoras. Insomma, andavano tutti incontro a morte certa data l’inferiorità militare.

Pare che nel 1890 un deputato argentino, in un discorso, disse che non era necessario essere tan pelotudos, ossia tanto cogl….i da andare a farsi ammazzare. Col tempo si è sommato anche il termine boludos, mentre i lanceros sono rimasti con la reputazione intatta.

Da notare anche il verbo bolacear, ossia prendere in giro / cercare di fare fesso l’altro.¡No me bolacees! = non prendermi per il c…o

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Cagada

Simile all’italiano cagata ma il verbo cagare significa truffare, fare fesso e non “fare schifo” come in italiano. L’avete sentito nella canzone di “Me cago en el amor” di Tonino Carotone, ossia rimanere vittima dell’amore, soffrire molto per amore. Anche usato per indicare “avere paura” nella locuzione cagarse de miedo.

Andá a cagar non abbisogna di traduzione e si sente spesso. Cagada si usa anche per indicare una fesseria.

Carajo

Lett. organo sessuale maschile. Esclamazione di incoraggiamento o frustrazione o anche sostantivo.

No entiendo que carajo me estás diciendo = non capisco che caxxo mi stai dicendo

Vamos, carajo! = dai, caxxo! – formula per tifare la nazionale argentina di calcio

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Pendejo

Lett. testicolo. Lo usano molto di più i messicani, infatti se guardate i film americani con dei latini (di solito bande di spacciatori) sentirete spesso inveire con questa parola. Viene usato alla stregua del nostro pezzo di m…., stronzo.

Forro

Significa sia condom che persona di merda. Al femminile è forra. Molto volgare, è un insulto pesante in genere usato quando si parla di un terzo non presente per evitare ripercussioni. 😉

Chanta

Truffatore. Per esempio, i negozianti che fanno i finti saldi sono dei chanta. Esiste anche come verbo chantar, truffare. La chantada è la truffa.

Yegua

La yegua è la femmina del cavallo (caballo), per cui a seconda del contesto sappiate distinguere in che accezione viene usato. Come insulto viene usato nell’accezione di prostituta in riferimento a una donna di facili costumi. Suona come il nostro vacca. Diventato anche l’epiteto usato per indicare l’ex presidenta, Cristina Fernandez de Kirchner.

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Guacho/a (wacho/a)

Bastardo/a. La scrittura corretta è quella con la G, ma va di moda anche la versione con la W.

Gil / garca

Persona stronza. Termine molto volgare. Si sente spesso utilizzato in riferimento a un terzo non presente.

Culo roto

Rottinculo. Stesso significato e peso che l’equivalente italiano.

Marica/maricón

Termine volgare per indicare l’omosessuale maschio. Per le lesbiche si usa torta o tortillera.

Puto

Termine volgare per indicare l’omosessuale maschio.

A volte puto si usa come dispregiativo senza implicare l’omosessualità. Ad esempio, yo amo a este puto país (amo questo paese del c…o), sos un puto (sei una persona terribile, da insultare). Da qui deriva anche putear, insultare.

In Spagna, de puta madre significa “alla grande”. Ricordate quelle magliette che andavano di moda 10-15 anni con la scritta de puta madre? Mi sfugge perché una persona vorrebbe indossare una maglietta che alle orecchie italiane suona come un insulto rivolto alla propria genitrice e resto dell’opinione che chi indossava quelle magliette ne disconoscesse il significato. Ad ogni modo, vivir de puta madre significa vivere alla grande, divertendosi un sacco. Gli spagnoli sono molto più volgari degli ispano-americani nel linguaggio di tutti i giorni e basta guardare un qualsiasi film spagnolo per imparare un sacco di insulti (tipo coño).

Me chupa un huevo

Non me ne fotte un c…o! Lett. “un uovo mi succhia”. 

Con il termine huevos (e anche bolas) si indicano i testicoli. Un rompe huevos (lett. rompi uova-palle) o hincha bolas (lett. gonfia palle) è un rompipalle.

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Chupame la pija

Succhiamelo. La pija è il nome volgare dell’organo sessuale maschile. Molto offensivo. Non ditelo mai perché finirete nei guai!

Cabeza de pija

Letteralmente, testa di c…o. Però meno usato. Sono più comuni boludo e pelotudo.

Ni en pedo

Lett. “Manco sbronzo”, ossia Per un caxxo! / giammai! / neanche per sogno! / manco morto/a!

Mal parido

Letteralmente, nato malato, ossia uscito male. Si riferisce a una persona che si comporta molto male, che ha una natura maligna e che non può cambiare. Si usa sia come sostantivo che come aggettivo combinato con altri insulti, come ad esempio bobo mal parido.

Bobo

Stolto, ingenuo, tonto, ritardato.

Turro

Truzzo, tamarro, zarro. Se cercate questa parola su YouTube vedrete anche un sacco di parodie. Il turro tipico ascolta e balla la cumbia, un genere di musica a metà tra la musica latina e quella caraibica, i cui video sono inguardabili. Su molti autobus il conducente ascolta la cumbia, e voi con lui. Persino Messi e Maradona ascoltano la cumbia,  dato che sta diventando un fenomeno popolare e qui tutto ciò che è di basso livello culturale è positivo.

Il turro si veste con le tute di sintetico Adidas, spesso di squadre di calcio locali o della nazionale argentina, indossando un cappellino (al contrario o dritto), ha piercing e tatuaggi non belli, adora farsi selfie con armi o alcol.

La turra è in genere sovrappeso ma sempre con jeans attillatissimi o fuseaux e canottierina, frangia storta, capelli raccolti a cipolla sulla testa (no, non sto parlando dello chignon, ma proprio del cipollone), magari tinti di un biondo barbie con ricrescita. Anche lei con piercing e tatuaggi, non si fa problemi con le sue curve.

Trucho

Tarocco, falso. Una bolsa trucha è una borsa tarocca.

Negro

Negro meriterebbe un post a parte, perché non è necessariamente un insulto. È una parola tanto versatile quanto pericolosa. A parte il significato letterale di nero, inteso come colore e anche come persona scura di pelle, può essere utilizzato come soprannome affettuoso. El negro, ad esempio, è il nome che il mio meccanico argentino si è scelto per la sua officina e non è neanche scuro di pelle. Esiste anche nella forma femminile di La negra. C’è una catena di negozi di empanadas che si chiama La negra Simona, per dire.

Tant’è  che Negro e negra, così come gordo e gorda (grasso/a), si usano anche tra marito e moglie come termine affettuoso, tipo il nostro “caro/a”. Questo differente uso della parola “negro” rispetto al resto del mondo ha messo nei guai il calciatore uruguaiano Edinson Cavani, che ha deciso di citare affettuosamente un suo amico in un posto su Instagram come negrito ed è stato accusato di razzismo dalla Federazione calcistica inglese, al punto che già pensavano di istituire un corso sulla diversità per i calciatori. È dovuta intervenire l’Academia Argentina de letras per chiarire che qui si usa con tutt’altro senso, ma non è servito a molto.

Ma nel linguaggio popolare, negro è molto usato anche per indicare le persone non ben integrate nella società moderna, che conducono una vita molto criolla fatta di pigrizia, basso standard di vita, numerosi figli che non sanno come mantenere, sussidi statali, tute Adidas, senso dell’estetica assente, soddisfare desideri superficiali e materiali nel breve periodo anziché cercare la stabilità e la qualità nel lungo termine, tirare a campare e cellulari alla moda (!). Se un turro è quasi sempre anche un negro, non è detto l’opposto, giacché un negro è un povero di spirito e non ha niente a che vedere con il colore della pelle o come si veste.

Per esempio, se dormi con il materasso tirato per terra ma ti compri un cellulare di ultima generazione hai fatto una cosa de negro. Uno può essere negro anche se è bianco e biondo. Gli africani in genere si chiamano africanos.

Altro esempio: se lavori come donna delle pulizie e approfitti del tuo lavoro per far razziare la casa dove lavori dai tuoi complici (ovviamente tu sparisci di botto), hai fatto una cosa da negra perché anziché pensare a tenerti stretto un lavoro che ti sfamava per anni hai preferito fare “il colpaccio” e grattarti la pancia per qualche mese, salvo poi dover cercare la prossima vittima.

6 pensieri su “Putear

    1. Mi ero dimenticata di aggiungere che “negro” e “negra” (così come “gordo” e “gorda”, grasso/a) si usa anche tra marito e moglie come termine affettuoso (tipo il nostro “caro/a”). Antonio, sperimenta se funziona anche in Italia!

      Piace a 2 people

  1. Bellissimo! Lo ho letto ora che sto cercando di insegnare argentino ad un amico siciliano. Comunque non si dice BOLUDECEAR, si dice BOLUDEAR 🙂 grazie di questo post 🙂

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  2. Che io sappia pendejo/a viene usato anche per indicare una persona più piccola o di età o mentalmente, in quest’ultimo caso è un insulto.

    In io ogni caso hai fatto un gran bel lavoro

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