Argentina, te quiero

Cari lettori,

Non temete: vi penso. Ma non mi annoto i pensieri e quando apro WordPress resto di fronte allo schermo con lo sguardo da mucca che guarda passare i treni, imbambolata sulla pagina bianca.

Parto da un aneddoto:

Un negoziante che mi ha preso in simpatia, età circa 70 anni, in pensione ma al lavoro perché con la pensione soltanto non arriva a fine mese, un giorno mi ha accolto incazzatissimo con un suo amico. L’amico non era presente, ma me lo immagino simile per età, e a quanto pare è una tipo lagnoso. I tipi lagnosi in genere sono poco fantasiosi: cominciano con due o tre capisaldi per le loro teorie e le ripetono fino a vincere per esaurimento dell’interlocutore. L’anziano amico ha scelto come suo caposaldo “che disgrazia che i miei sono venuti in Argentina, non potevano restarsene in Italia?”. 

Il negoziante mi raccontava, sempre più rosso in faccia e alzando la voce, che l’Argentina li aveva sfamati per un secolo… di che diamine stava parlando? Ma l’amico insisteva facendo paragoni con i lontani parenti in Italia: “vedessi che auto! Due!!! Una per andare nel campo, una per la città”.

Era il 2015 e negli anni a venire ne ho incontrati anche io di tipi così. Gli invidiosi. 

Ho incontrato sia invidiosi con cognizione di causa che invidiosi a prescindere. I primi sono quelli che una volta nella vita sono andati in Italia. Peccato sia stato a cavallo tra gli anni ’70 e gli anni ’80, in pieno boom economico. E sono convinti che sia rimasto tutto immutato. A quanto pare su Rai International passano solo “Un Posto al Sole”.

Ieri ne ho incontrato “virtualmente” uno del secondo tipo, uno di quelli che dice “che sfiga nascere in Argentina” ma al massimo è andato in Uruguay. Uno di quegli iettatori che quando va bene (a loro) mettono tutti in guardia contro “i cattivi” che vogliono rubare i loro sogni (rif. “Vengo a proponerles un sueño”, Nestor Kirchner) e quando invece cambia il governo sembrano scoprire in che paese vivono: povero, con violenza, delinquenza, sporcizia, bassa istruzione, femminicidi, aborto illegale. Come se tutto fosse cambiato nella notte dello spoglio delle schede elettorali.

L’invidioso virtuale di ieri assicurava che in Europa i servizi di pubblica utilità (luce, gas, acqua) costano meno che in Argentina e che addirittura il gas è incluso nell’affitto. Cioè non solo è tutto migliore, ma pure gratis. Mi sa di favola kirchnerista.

Infatti apro il profilo della tizia, ed era tutta una sviolinata “Perón y Cristina para siempre”, disegnini delle Malvinas, post allarmisti sulle disgrazie che stanno improvvisamente capitando in Argentina ora che il presidente è Macri ecc.

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Gli Argentini invidiosi sono in costante ricerca di esempi per denigrare il Paese in cui sono nati e/o vivono, mentre se fossero vissuti altrove sai che grandi cose avrebbero fatto, sai quanto successo avrebbero avuto, sai che felicità avrebbero conosciuto. Gli invidiosi emigrati che si girano (virtualmente) indietro a fare pernacchie a chi è rimasto dimostrano la maturità dei bambini dell’asilo.

Conosco molti stranieri che hanno deciso di vivere qui e che sono felici di avere scelto l’Argentina. Le motivazioni sono quasi sempre legate all’atteggiamento degli argentini con le altre persone, all’atmosfera che si respira a Buenos Aires. Solo i sudamericani (venezuelani, colombiani, peruviani) elencano motivazioni legate alla carriera. Ci sono creativi freelancer, ma anche gestori di pub, agenzie turistiche, ristoranti, fisioterapisti, istruttori sportivi, musicisti, fotografi, impiegati, scrittori, attori, medici.

Di recente su Clarín hanno pubblicato la lettera di un americanoche dopo il 9/11 si è stabilito a Mendoza, in cui ringrazia l’Argentina. È una dichiarazione d’amore. L’originale in inglese è qui sotto, la traduzione in spagnolo è su Clarín.

Anche io dico grazie! Argentina, ¡te quiero!

More than 15 years ago, I moved to Argentina to change my life after surviving the morning of September 11, 2001 at Ground Zero. I worked in a building next to the Twin Towers. Several years before the attack I had come on holiday to Argentina, and I had fallen in love with this nation and its people. Then, after the attack, and despite the economic and political crisis of 2001, Argentina was for me a refuge from many of the most serious problems in the world. But when I meet an Argentine for the first time, and I tell him how many years I’ve been living here, most do not understand why I stayed so long, and why I do not want to return to the United States. I often hear that for them, the best country is Spain, Canada or some other place in the First World, and they really want to move there. Because many of my Argentine friends and colleagues want to move to another place, I think now is the ideal time to remind Argentines, and foreigners, because this is one of the best countries in the world.
In many countries, supposedly “more developed than Argentina”, there is no priority for pregnant, disabled and / or elderly people in the queues of banks, supermarkets and other businesses. On the other hand, Argentina still takes care of that part of society. Abroad, residential buildings, shopping centers and even schools are sold as “exclusive”, fostering a “us versus them” philosophy among consumers, encouraging them to live apart from the poor. Here, it is more common to hear the debate on inclusion and public policies to benefit the greatest number of people, than to see an advertisement promoting commercial (and therefore social) exclusion. The public universities of Argentina exemplify the inclusive culture.

When I ask my American friends to define “solidarity,” almost none of them has considered the idea that if it rains, and not everyone has an umbrella, everyone should be willing to get wet. Perhaps because they were raised in a society where the exclusion of those who have less often is used as a marketing tool. In this great country, one does not have to look beyond the collective or the local park to find brilliant examples of solidarity. Argentina has a long history of welcoming immigrants from all over the world, and was the first country in Latin America to legalize equal marriage. Here there are no neo-Nazi skinheads marching in the streets, no movement of the extreme right and nor a large percentage of voters who demand that Argentina leave the Mercosur.

Although some Argentines express prejudices against some Latin American immigrants, nobody is separating them from their children at the border nor building a wall to keep them out of the country or denying them education and health. In fact, Argentina simplified the process for Venezuelan and Syrian students to enroll in universities.
On a recent visit to Mendoza, from New York, my brother and his wife were surprised to find young children having dinner with their parents in one of the best restaurants in this city. In New York, many restaurants do not even admit children. Argentina is a great nation, in part, because the children here are never rejected, but are received everywhere and allowed to be themselves. The reuse and recycling are part of the Argentine DNA. Just look at the large amount of Ford Falcon, Fiat 600 and Renault 12 that still circulating in the streets. Unlike many countries that profess sustainability, here clearly there is no anti-ecological philosophy that imposes on us the idea that a car should be replaced every three years.

Outside of Buenos Aires, the skies of Argentina are not contaminated by the rumble of airplanes. The FlightRadar24 website (which tracks all commercial air traffic in the world), reveals that there are more planes at all times over the sparsely populated state of Wyoming, in the USA that over all Argentina. Here, the almost virgin skies are a reminder that there are few places in the world with the natural beauty of Argentina.

We are also fortunate to live in a culture far from those obsessed with the possession of weapons. If one has bad luck in Argentina, one will find, at most, feeling an earthquake and not in a war zone, terrorist attack or shooting in a schoolyard. There are more reasons to love Argentina. While the natural assets of this country and its remoteness from global threats can be attributed to some extent to geographical features, Argentines have the right to be proud of the customs that give them credit as a people: consideration for those with special needs, family values, inclusion, tolerance, solidarity and diverse communities. These social conventions remind us that much of what matters in life and, therefore, much of what justifies the greatness of a nation, is not measured in dollars or in GDP. For me, the combination of Argentine assets comprises an attractive set that is unique compared to other nations.

I am not blind to the social deficiencies and the economic volatility that I see around me. But I have put Argentina to the test for 16 years, and it still fits me. Therefore, I do not intend to move anywhere else!


David English

6 pensieri su “Argentina, te quiero

  1. Gli insoddisfatti / invidiosi sono ovunque… se la prendono con il collega della scrivania di fronte, le signore delle pulizie, il cliente che non capisce, i tifosi della squadra avversaria, i politici, i migranti, le insegnanti dei figli e chiunque gli capiti a tiro. Una lagna continua con motivazioni da asilo infantile. Io chiudo l’audio, nel senso che mi disconnetto

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  2. Bellissimo blog, scoperto per caso una settimana fa e navigato a tempo perso saltando qua e là in questi giorni.
    Commenti sparsi.
    – Argentina, te quiero yo también – pero tb te odio de vez en cuando.
    – Belle le considerazioni dello yankee trasferito a Mendoza. Pure, che la solidarietà colpisca chi viene dalla terra individualista per eccellenza, non meraviglia.
    – Gennaio 2003, primo giorno del primo viaggio in Argentina. Da una torre in Alem Y Cordoba vedo una manifestazione davanti al ministero del lavoro. Chiedo, che succede? E un collega mi dice “disoccupati, gente che ha perso il lavoro con la crisi e non ha niente da fare, passa il suo tempo così” – con una sfumatura di non dissimulato disprezzo.
    – L’argentino invidioso mi sembra spesso covare una combinazione di un complesso di inferiorità e di superiorità allo stesso tempo. Saremmo la nazione migliore del mondo, se non fossimo argentini. L’Argentina è bellissima ma non ci vivrei.
    – Ma quelli che più mi colpiscono sono quelli che m’insegnano l’Italia dopo esserci stati in vacanza. Me la spiegano, dalla voragine di un tour Milan Venecia Florencia Siena Roma Amalfi Milan, però la pizza, que porqueria.
    – Ma mi diverte anche il mio conoscente italiano che vorrebbe vivere in Argentina perché conosce e frequenta un paio di ex calciatori trapiantati in Lombardia. Anche lui, mi spiega Buenos Aires, mi spiega il lunfardo, mi spiega i quartieri, quelli pericolosi e quelli no. Senza mai aver visto Ezeiza, ovviamente.
    – Argentina, te quiero, e quanti motivi d’amore. Pero tb te odio. Es complicado!

    Con simpatia. Frequenterò le tue stanze, sei già nel mio feed reader.

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    1. Ciao ale, benvenuto/a! Sono d’accordo con tutto quello che scrivi. La tuttologia è una disciplina in cui eccellono sia gli argentini che gli italiani, specie sui temi che meno sanno ;-). Tu hai un blog? Anche a me piacerebbe leggerti! Sei qui o sei lì? O fai la spola? Se vuoi possiamo fare una intervista per iscritto, trovi la mia mail nella sezione contatti e puoi leggere altre interviste nella categoria relativa: https://versioneargentina.wordpress.com/category/argentina-2/interviste/

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      1. Avevo un blog, anni fa, che visse anche il suo momento di fama.
        Poi, la vita me lo chiuse.
        Ultimamente, sto pensando di aprirne uno nuovo. Resta sintonizzata 🙂
        Direi che “faccio la spola” è l’espressione migliore: la frequenza è proprio quella della spola del telaio 🙂

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  3. Cara Isa, gli invidiosi ci sono pure in Germania…Quelli che odio di più sono quelli che sono emigrati da giovani, qui hanno trovato un lavoro, lavoro con il quale si sono comprati una casa in Italia, grazie al quale hanno maturato una buona pensione. Qui hanno fatto figli, i quali qui hanno studiato e trovato un buon lavoro, ma si ostinano a parlare male di questo paese, sottolineando quanto in Italia (dove passano un paio di mesi l’anno in vacanza) sia tutto più bello, più buono e più facile. Però in Italia non ci vorrebbero tornare a vivere, nemmeno ora che sono pensionati, meglio rompere le scatole.

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