Agnelli

Niente a che vedere con i facoltosi della FIAT. Parliamo invece della “prima generazione”, ossia i primi a emigrare in un altro paese. Da soli o in coppia, da studenti o da adulti… l’Italia sta vivendo un’emorragia di persone che accade silenziosa. Oppure il nostro paese è un paese di emigranti e quei trent’anni in cui l’emigrazione è stata meno del solito devono essere considerati l’eccezione e non la norma.

Leggo volentieri i blog degli altri expat italiani nei vari angoli del globo, specie di quelli che parlano onestamente della loro vita e che non descrivono solo le attrazioni turistiche della loro nuova dimora.

Mi hanno fatto riflettere alcuni post di mamme italiane che cercano, con risultati più o meno buoni, di coltivare il bilinguismo dei loro figli il cui mondo italiano è limitato ai genitori e ai nonni, e al canonico mese di vacanze in Italia.

La maggior parte di questi genitori non suona molto soddisfatto del risultato ottenuto: i loro bambini, pur essendo magari nati in Italia, sono ormai piccoli tedeschi/spagnoli/inglesi e data la tenera età non si pongono neanche il problema: si esprimono come possono, attingendo tutto quello che sanno, indipendentemente dalla lingua in cui lo sanno.

A prescindere dalla conoscenza della lingua che matureranno, la loro cultura sarà profondamente diversa da quella dei loro genitori, in un modo non molto dissimile da come noi storciamo il naso quando vediamo gli italoamericani di terza generazione nei film che sbandierano ogni due per tre il fatto di essere “Italian” pur essendo lontani anni luce dagli Italiani d’Italia del 2019.

Mi sono resa conto che ora come allora, la prima generazione di adulti è quella che davvero fa il sacrificio: leva gli ormeggi dal porto e approda in una terra sconosciuta che darà di che vivere ma non sarà mai totalmente sua. Imparerà una seconda lingua, ma non piangerà e riderà in quel nuovo idioma, e le sue colazioni “vere” saranno per sempre quelle ancorate ai ricordi italiani, a casa propria mangerà principalmente gli stessi piatti con cui è cresciuta, e quando si arrabbierà scomoderà i santi in italiano.

E di prime generazioni ce ne sono anche in Italia, quelle tanto odiate da Salvini. Quelle che se ne sarebbero volentieri rimaste a casa loro se le condizioni glielo avessero permesso, che sono troppo grandi per conformarsi e mimetizzarsi. Quelle che pur amando i loro figli li vedranno crescere molto diversi e distanti dalla loro cultura. Magari si sentiranno soli, ma alla fine penseranno sempre che ne è valsa la pena per dare ai loro figli le opportunità che loro non hanno avuto.


Leggi anche: Ai miei figli, cosa vuol dire essere italiani

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