Vincere abbiamo vinto, por supuesto passando per la solita via crucis fatta di vantaggi euforici, momenti e mementi di “un 2 a 0 non vuol dire niente…“, pareggi, rimonte, supplementari, rigori. Il 17 dicembre 2022 si compì il miracolo – o destino, a seconda delle opinioni. Quando l’ultimo pallone è entrato in porta, pur sapendo che poteva essere il decisivo, ci ho messo qualche secondo a computare. Nonostante fossi appoggiata al muro, il boato degli astanti in pieno giubilo mi ha quasi fatto cadere a terra: tuffi in piscina, fernet come se non ci fosse domani, petardi, colori albicelesti ovunque, pure sugli alberi e i cani, cori e canzoni tra il folklorico e il patriottico, solita iconografia maradoniana e malviniana ecc.
Io ero sbigottita e frastornata dopo quell’altalenarsi di serena gioia per il vantaggio 2 a 0, quasi incapace di festeggiare. L’amarezza del primo gol francese, la disperazione mista a incredulità per il secondo, l’ansia dei supplementari, l’euforia del terzo gol, la depressione per il terzo che ha infilato Mbappè, il cardiopalma dei rigori (in più mi è venuto in mente Baggio, ma ho toccato ferro e legno, nel dubbio…). Alla fine, por suerte, tutto è andato come doveva: Messi ha avuto il suo Mondiale, la consacrazione ultima che gli mancava, l’Argentina ha avuto l’unica gioia che poteva avere e il mondo è andata avanti. Una psicologa locale, intervistata in TV, ha detto che per qualcuno questa è stata la felicità più grande mai vissuta… lascio ai singoli i commenti.
Secondo me, il più felice di tutti era Gianni Infantino che si è finalmente levato dai maroni questo mondiale scomodissimo senza incidenti eclatanti.
Mentre i locali scendevano in strada per festeggiare, io mi incamminavo controcorrente verso casa. Quattordici chilometri in due ore e mezza. Già, perché i mezzi pubblici sono stati sospesi e anche quelli che in teoria sarebbero stati garantiti non riuscivano a penetrare nella folla che ha invaso le strade; neanche il treno passava! Chissà quanto avrebbero ripreso a funzionare i trasporti! Per fortuna era una gradevolissima domenica pomeriggio estiva, avevo appena fatto un tuffo in piscina e ho le gambe buone. Inoltre, sapendo tutti occupati con i festeggiamenti, mi sentivo stranamente sicura a camminare attraverso quartieri e zone sconosciuti – Ist das Deutschland?!
Assenti sugli spalti della finalissima sia il Presidente che la Vice, mah… solita prova che i politici di qui non sanno stare al mondo. La domenica della finale, dal Governo hanno comunicato sin dal mattino di escludere di dichiarare festivo il lunedì in caso di vittoria.
Dovete sapere che qualche mese fa c’è stato un “presunto” attentato alla vicepresidente Cristina Kirchner proprio qualche giorno prima che iniziasse il processo per corruzione contro di lei. “Miracolata” dalla pistola inceppata nonostante l’attentatore abbia premuto il grilletto sei volte, il giorno dopo era già di nuovo in mezzo alla folla. Il Presidente non si è fatto mancare l’occasione: ha dichiarato l’indomani giorno di feriado nacional per poter “manifestare per la Pace” davanti alla Cattedrale di Luján, il principale simbolo religioso della Provincia di Buenos Aires. Così, dalla sera alla mattina, ha fermato tutto il Paese per quella lì. Capite che farlo per la nazionale di calcio voleva dire mettere sullo stesso piano l’idola Cristina con il banale fútbol. Ma il piano è fallito miseramente: quando sono iniziati i festeggiamenti, ha capito che sarebbe stato più popolare dichiarare festivo il martedì in modo che tutti potessero assistere alla parata dei neocampioni per Buenos Aires, passando per l’Obelisco, con destino la Casa Rosada e ricevimento dal Presidente.
Anche questo piano è fallito: si rumoreggia il rifiuto dei calciatori a incontrare Alverso. Il percorso celebratorio è stato convertito in uno lungo il perimetro della Città di Buenos Aires (?) e in concreto si è tradotto in un tedioso viaggio in pullman a due piani, di cui il secondo scoperto, dal centro sportivo della AFA (Asociación de Fútbol Argentina) a Ezeiza alle porte della città durato 5 ore, sotto il solleone estivo. Impossibile avanzare tra le strade gremite, le autostrade collassate di persone, i monumenti, i lampioni, e qualsiasi cosa con elevazione superiore al metro e mezzo ricoperto di corpi urlanti seminudi.
Alla fine, tutti ustionati dopo 5 ore sotto il sole battente, i calciatori della Selección sono stati evacuati in elicottero. I tifosi delusi sono tornati a casa e i balordi hanno devastato quel che avevano attorno cercando di approfittare della situazione. La mattina seguente, attraversando la Avenida 9 de Julio in autobus, era ancora in corso l’operativo di pulizia post-festeggiamenti iniziato la sera stessa de martedì. L’Obelisco era già stato ridipinto, eccetto per le targhe in marmo che non si possono pulire dallo spray dei vandali tanto facilmente. Le autostrade, invece, sono state spazzate molto più grossolanamente e ora sono bordate di bottiglie di plastica e lattine vuote e lo resteranno per parecchio tempo (spero non per 200 anni, ma chissà…).
È stato sicuramente un privilegio poter vivere la vittoria del Mondiale dell’Argentina “in casa”, un’esperienza molto diversa dalla vittoria del Mondiale dell’Italia nel 2006. E altrettanto incredibile è avere vinto il Mondiale da campioni di Copa América. ¡Gracias por toda la alegria, Argentina!
Nei giorni successivi alla vittoria, sul giornale e su internet è partito tutto il carosello di rito: storie dei calciatori dalla culla al Qatar (come se durante il torneo non ce ne avessero raccontato abbastanza), interviste a mamme, ex-mogli, mogli, fidanzate, ex-fidanzate, vicini di casa, maestre delle elementari, bibliotecarie e chiunque si sia incrociato con un giocatore della nazionale nella sua vita professionale e personale. Il tutto condito da cosa è successo nello spogliatoio dopo la vittoria, cosa hanno pubblicato su Twitter i giocatori e le rispettive consorti, e cosa i “famosi” locali, cosa hanno fatto la sera della vittoria i calciatori (cena da club sportivo con al centro del tavolo la Coppa del Mondo), cosa hanno mangiato (milanesa napolitana con fritas, ovviamente)…
Lunedì hanno smaronato parlato ampiamente del volo che avrebbero preso i giocatori per tornare in Argentina, un volo con scalo a Roma: sarebbero andati dal Papa? Alla fine no. Il volo era in ritardissimo. Su La Nación hanno pubblicato un intero articolo per descrivere che su che volo si sarebbero imbarcati, quante ore aveva di ritardo, con tanto di link al sito Flight Tracker per seguire “minuto a minuto” il volo della Selección. Altro articolo che parla dei familiari dei calciatori che sono rientrati per conto loro e prima dei giocatori stessi, che all’arrivo avrebbero dovuto adempire una serie di impegni istituzionali (visita al Presidente, mai fatta, parata per la città, abbozzata e annullata causa macello).
Il martedì della parata, i calciatori evacuati hanno preso ciascuno un elicottero e sono approdati nei rispettivi luoghi di origine: Messi e Di María a Rosario, il Dibu Martinez a Mar del Plata, il DT Scaloni a Pujato (ho dovuto googlarlo) ecc. Ciascuno ha ricevuto un omaggio da parte della propria città, con annesso bagno di folla, medaglie, targhe, omaggi nei luoghi simbolici del paese/città natio. Chissà da quanto non passavano di lì…
Osservando le vagonate di foto vomitate da giornali, TV ed internet, mi ha messo molta tristezza osservare come i giocatori della nazionale, pur essendo miliardari, sono una versione “con plata” del medio argento: ciabatte e braghette, t-shirt con la scritta di una marca sportiva, corpi coperti di tatuaggi, che bevono fernet da bottiglie di coca mezze tagliate mentre ballano al ritmo di cumbia villera. Le mogli, uguali spiaccicate alle ragazze qualsiasi: vestite tutte di nero e di lycra, con sandaloni zepponati, capelli lunghi fino al culo e unghie dipinte. Latinità. Neanche la plata te la toglie via.
Mi è venuta in mente un’intervista a Wanda Nara in cui raccontava che, approdata a Parigi a seguito del suo allora (tuttora?) marito Mauro Icardi, si era recata in un salone di parrucchieri dove le avevano proposto sistemare la sua chioma biondo platino con le radici nere perché “non era affatto parigino” (una maniera elegante per dirle che aveva una tinta volgare da p… oraccia). Al che lei ha risposto di no, che quel biondo la rappresentava. Anche nel suo caso, la plata le ha comprato posti in prima fila alle sfilate di moda nella Città della luce, ma non lo stile.
Un altro filo giornalistico ha invece seguito l’aspetto scaramantico e preveggente del Mondiale. Post vecchi di anni di taluno o talaltro che annunciavano la vittoria dell’Argentina del Mondiale, veggenti animali che umani che l’avevano predetta, foto premonitrice di Maradona vincitore della Coppa del Mondo nel 1986 che addita la bandiera del Qatar esposta durante la finale, ma anche interviste a gente comune che descrivevano i rispettivi riti scaramantici (cabala), nonché le promesse solenni (di solito, un tatuaggio, ma qualcuno ha promesso di far diventare nonna la propria madre, di tingersi i capelli, di fare qualche altra follia).
Da parte nostra, ci siamo tutti seduti nelle stesse posizioni attorno al tavolo durante le partite. Per fortuna ho resistito alla tentazione di lanciarmi in promesse di fioretti in caso di vittoria.
E in un battito di ciglia, ci siamo ritrovati a Natale. Buon 2023!
Ho visto uno spot della Quilmes realizzato prima dei mondiali, veramente bellissimo. Rende molto bene l’atmosfera che penso si respirasse lì da voi nell’attesa del grande eventi. Certo molto coraggiosi perchè se poi non si fosse realizzato il sogno….
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Infatti ci pensavo proprio l’altro ieri! Sono stati un po’ tutti gradassi/avventati durante le partite. Pensa che batosta se non vincevano! Ma pensa anche che emozione vincere tutti così carichi!!! E noi ci siamo emozionati con loro!
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