Liebster Award (scoprendo nuovi blog)

Il mio blog ha da poco compiuto quattro anni e per la prima volta sono stata invitata a rispondere ad alcune domande su di lui e su di me. Odio la parola nomination, per cui dirò semplicemente grazie a Fritz Gemini, autore di Filosofando in allegrezza, che è curioso di sapere cosa risponderò alle sue undici domande.

Questa iniziativa ha anche un nome, Liebster Award, ed è volta a promuovere i blog. WordPress mi suggerisce solo blog in inglese e non ho ancora capito come fare per trovare altri blog di expat italiani, per cui ben venga!

Citerò anche io alcuni blog che seguo i cui autori saranno liberi di accogliere l’invito a loro volta.

Buona lettura!

1. Cosa provi quando scrivi per il tuo blog?

Fretta. Durante le mie giornate faccio numerosi appunti mentali di cose di cui mi piacerebbe parlare sul blog ma finisco per dimenticarle oppure non trovo mai il modo di svilupparli in post di senso compiuto: così facendo, accumulo argomenti e domande che non vedranno mai la luce, a meno che non mi sbrighi a metterli nero su bianco. Quando apro WordPress, spesso sento fretta di concludere la scrittura di un post per poi proseguire con il successivo, ma questo non accade mai. A volte baro e accorpo più pensieri in un unico post, separati da una riga. Quanta pigrizia!

Solo quando ho aperto il blog avevo così tanto materiale e tempo da poter sfornare tre post al giorno. Adesso ho fretta di pubblicare sul blog tutti i miei appunti, fretta di finire di scrivere sul blog per rimettermi al lavoro, che è sempre di scrittura al computer, prima che la cervicale mi obblighi ad abbandonare la tastiera.

È difficile divertirsi a scrivere quando già si passa tutta la giornata davanti allo schermo, per questo cerco di scrivere sul blog solo dal portatile, così posso magari sdraiarmi sul divano mentre scrivo, in modo da distinguere la scrittura per dovere da quella per piacere, magari sorseggiando qualcosa. Così mi sembra di uscire con i miei lettori.

2. Qual è stata la causa scatenante che ti ha portato all’apertura di un blog?

Volevo far sapere a tutti quanto è bella l’Argentina. Poi sono finita a parlare della mia vita e ora sto attraversando un periodo in cui ho superato l’innamoramento post-emigrazione, per cui uso il blog come valvola di sfogo. Spesso mi rileggo per riuscire a visualizzare il percorso che sto compiendo, riscoprire cosa provavo e ho superato (oppure ancora no!). E mi scopro stupida e ingenua. È utile. Ma questiono la necessità di rendere pubblico questo lavoro introspettivo… vezzo? narcisismo? desiderio di conferme esterne?

3. Pensi ai tuoi anni passati a scuola. Quali reputi essere stati i migliori e i peggiori anni e perché?

La scuola elementare la archivio decisamente nella categoria “anni migliori” perché era facilissima e la vivevo con molta serenità. Dalle medie in poi è cambiato tutto e quello che ricordo sono anni di umiliazioni scolastiche e di disagio in classe e fuori. Non ero vittima di bullismo, ma non mi trovavo affatto con i miei compagni né mi sentivo compresa. Mi aspettavo di più, specie all’università. Più libertà mentale, per esempio, invece erano tutti preoccupati a rimanere in corso e a tenere alta la media, come al liceo. Dei pre-Fantozzi.

4. Qual e’ stato l’insegnante che ti ha trasmesso qualcosa che ritieni ancora oggi importante? E cosa ti ha trasmesso di così importante?

La mia insegnante di matematica e fisica del triennio di liceo è stata la prima persona che mi ha preso da parte e mi ha detto “non sei stupida” anche se non ero mai sufficiente in matematica (ma brillavo in fisica). Aveva dovuto organizzare una lezione di recupero per potermi parlare in privato mezzora, temendo che qualcuno avrebbe parlato di favoritismi se ci avessero visto in un’aula da sole… ricordo l’umiliazione quando in classe mi convocò per le lezioni di recupero pomeridiane, il permesso da fare firmare a mia madre per potermi fermare a scuola oltre l’orario normale, ma alla fine di una lezione di recupero mi prese da parte e mi fece un discorso per infondermi autostima.

Quel gesto mi ha cambiato la vita, al punto da condizionare la mia scelta della facoltà universitaria facendomi virare per una facoltà scientifica nonostante i miei voti in matematica. Non ho mai potuto ringraziarla perché è stata stroncata da un brutto male poco dopo che ho iniziato a frequentare l’università, ma la penso spesso con affetto. Adesso sarà lì a bere caffè con Margherita Hack. Chissà di cosa parlano: erano due donne molto simili, anche per capigliatura.

5. Se tornassi indietro, reputi che la scuola possa essere migliorata? Se sì, dove?

La scuola può senz’altro essere migliorata ora come allora, ma non so quale sia il suo stato attuale rispetto a quando l’ho frequentata io. La mia coorte è stata l’ultima a seguire i vecchi modelli: alle elementari avevo una sola maestra che ci ha insegnato tutto, è stata una seconda madre (anche da compiacere). Frequentavo le lezioni solo alla mattina e al pomeriggio mi annoiavo molto a casa da sola, così ripetevo tutta la mia giornata scolastica giocando alla maestra con i miei pupazzi.

Il passaggio alla scuola media ha comportato i primi insuccessi scolastici e i pomeriggi li dedicavo a evitare di studiare, dal momento che la scuola era diventata un aspetto scomodo della mia vita (peraltro, non ce ne erano molti altri su cui rifarmi).

Al liceo scientifico ho proseguito il trend, cercando di schivare lo studio il più possibile fino alla maturità. Ricordo che dopo la maturità i miei compagni avevano organizzato una specie di cerimonia di diploma all’americana, con i cappellini e i mantelli neri e il foglietto arrotolato. Io sono rimasta a casa poiché avevo annunciato a mia madre e al mondo che non me ne fregava niente. Lei mi lasciò dormire, ma quando mi svegliai mi ero pentita di essermi persa quella giornata particolare. Adesso invece ne vado quasi orgogliosa perché io non ero come gli altri, anche se cercavo di sforzarmi di esserlo. È stato un gesto di coerenza. Liberatorio. Seppur doloroso.

Da quando sono all’estero mi sono resa conto che il modello scolastico italiano è vessatorio: è basato sulla freddezza, sull’umiliazione, sulla punizione, sulla severità e sulla gravità dell’importanza dello studio. Ho scoperto che non è necessario ricorrere a questi metodi per insegnare in modo efficace. Ritengo di avere ricevuto una buona formazione scolastica, ma il prezzo emotivo è stato troppo alto, almeno per me. Mi ha annichilato.

In quanto all’università, avrei voluto che fosse stata più pratica poiché se riguardo il mio percorso universitario mi sembra pensato per formare ricercatori e docenti e non professionisti (la maggior parte di noi laureati). Tuttavia, riconosco che il mio titolo di studio mi ha aperto molte porte… ma credo che investirci cinque anni di vita sia stato eccessivo.

6. Tra gli incontri più importanti della tua vita, ce ne sono stati sicuramente almeno 3. Quali sono stati?

Sicuramente la mia Rivoluzione copernicana è iniziata con l’incontro di mio marito: con lui ho superato i limiti che ho sempre percepito nel mio contesto ma non sapevo come superare (né se si potessero superare). Insieme abbiamo fatto il salto.

Al secondo posto metto Internet (si può?). Ha rivoluzionato la mia vita: ho imparato l’inglese senza muovermi da casa, ho conosciuto il mondo oltre i confini del paesello in cui sono cresciuta e da lì in poi ho conosciuto mondi di cui neanche immaginavo l’esistenza. Internet ha cambiato e condizionato la mia vita in ogni aspetto.

Il terzo incontro mi auguro di doverlo ancora fare.

7. Nel visitare una città o una zona d’Italia, c’e’ stato un posto che ritieni avere un’energia particolare che entra in sintonia col tuo sé più profondo? Se sì, quale e perché?

Il mio carattere e la mia indole sono sicuramente in risonanza con la Venezia-Giulia. Un paesaggio brullo, aspro, spartano, solo a tratti rigoglioso. Mi infonde tranquillità e semplicità.

Altre zone mi hanno regalato bellissime emozioni ed immagini, come la Val d’Orcia o la Costiera amalfitana, ma non mi ci identifico. Io non sono così solare.

8. Visitando altri luoghi fuori dall’Italia, hai notato delle cose che ti fanno capire che il nostro paese sia indietro? Se sì, in quale settore?

La mentalità italiana è la nostra croce e delizia. Siamo in grado di inventare grandi cose… ma poi scivoliamo sul banale nel quotidiano. Faccio un esempio: abbiamo monumenti e opere d’arte in moltissime città come nessun altro Paese, ma poi costruiamo obbrobri di cemento come nostre abitazioni. Le nostre città e persino i piccoli paesi sono deturpati da mostri degli anni ’60, gli edifici abusivi sono condonati e restano lì per sempre. Stiamo imbruttendo l’Italia.
O ancora: ci sono ponti e acquedotti che stanno in piedi dai tempi dei Romani, ma le grandi opere realizzate nel Dopoguerra sono già fatiscenti. Come è possibile?

Una delle cose che più fa rabbia è come abbiamo rinnegato l’arte. Chi ha una passione artistica viene costantemente umiliato dalla società italiana, a meno che non arrivi al successo nazionale: a quel punto è un idolo. Questa tendenza a vessare e sminuire il prossimo ci sta costando cara perché chi ha un talento, lo porta all’estero, stanco di sentirsi umiliato e deriso. Italietta

9. Un desiderio della tua vita che non hai ancora realizzato. Qual è?

Vedere un formichiere.

10. Hai la possibilità di prenderti un anno sabbatico. Cosa faresti?

Probabilmente niente, come negli ultimi 10 anni. Mi tuffo nelle piccole attività quotidiane, quelle facili da espletare, e non sono lungimirante. È un mio difetto. Se invece la domanda fosse “cosa vorresti fare”…

Piccola confessione: io già mi sento in un periodo sabbatico di vari anni, ma non trovo l’uscita. Sento sempre che devo ancora trovare la mia strada.

11. Per cosa ti piacerebbe essere ricordata?

Una parte di me, ligia all’indottrinamento scolastico italiano che ti impone di avere successo solo attraverso le prestazioni scolastiche (prima) e lavorative (dopo), vorrebbe rispondere “per i miei traguardi professionali”. Poi mi rendo conto di quanto modesti siano stati e credo che dovrei puntare su qualcosa di più umile. Forse è meglio essere dimenticati: di solito ci ricordiamo delle persone comuni solo quando sono state stronze.

I blog che seguo e a cui vorrei porre le stesse domande (se vi va):

  1. 30 anni e qualcosa
  2. I tesori di Amleta
  3. Da Torino a Tirana
  4. Faccio come mi pare
  5. Pensieri in Patchwork
  6. Racconti d’oltrecavolo

4 pensieri su “Liebster Award (scoprendo nuovi blog)

  1. Ciao Isa, grazie per aver partecipato. Molto personali ed intense le tue risposte, specie quelle sulla scuola. Ho letto molto bene la parte sulla festa che hai saltato. Sono rimasto un po’ interdetto. Alla fine penso che sia stata la scelta giusta. La scuola italiana è vessatoria.. si condivido. L’aspetto sull’emotività, era latente anche ai miei tempi. L’università per me è andata bene come compagni di corso, ma per il 70% era nozionismo fine a se stesso. Un caro saluto. Fritz.

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    1. Diciamo che l’idea di fare la festa all’americana, voluta da alcune compagne di classe che si stavano diplomando con il massimo dei voti, è stata tiepidamente accolta dal resto dei compagni che erano ancora adolescenti con un velo di barba. Si trattava di una cerimonietta senza valore in cui i nostri docenti facevano un piccolo discorso e ci davano dei finti diplomi (in attesa di quelli veri che sarebbero arrivati solo dopo qualche settimana) stampati dalle stesse zelanti secchione. Insomma, era una farsa per sentirci “come nei telefilm di Italia Uno”. Per me, che le superiori le ho sofferte come un cane non solo dal punto di vista dei risultati scolastici ma anche sul piano sociale, era tutta una pantomima in cui non mi identificavo. In pratica, era per far sentire le secchie ancora più secchie e umiliare noi che eravamo usciti con il minimo o poco più.

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      1. Dalla descrizione che mi fai, hai fugato ogni dubbio. Hai fatto benissimo a non partecipare. La cosa deprimente è che anche gli insegnanti si siano prestati a questa storia. Che parola hai nominato: Italia1. Che aberrazione!

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